A questo punto, inoltrandoci lungo la navata centrale, ci avviciniamo all'area presbiteriale, formata da due strutture; si sale alla prima attraverso tre gradini, che immettono al primo piano sopraelevato, dove sorgono due amboni di discutibile fattura moderna, con due frammenti, in ciascuno, di pezzi archeologici recarolingi, tolti dal vicino museo.
La soluzione è stata determinata dalle odierne necessità liturgiche postconciliari.
Al centro si vede la pietra tombale di Giovanni De Filippi, già vescovo di Zante, trasferito alla sede di Caorle nel 1718 e qui morto nel 1738.
Ai lati, due balaustre sono il resto della balaustra preconciliare, ma forse ottenuta adoperando in parte elementi dell'antica iconostasi, secondo recenti ipotesi.
Si accede all'area presbiteriale a mezzo ancora di tre gradini.
Si osservi a questo punto, sul lato sinistro nella incavatura del pilastro, la cosiddetta idria di marmo greco delle Nozze di Cana, secondo la gentile tradizione locale, con la scritta in greco uddton (delle acque):
quasi sicuramente si tratta di acquasantiera del sesto secolo, importata qui da altrove, forse dalI'area mediorientale, vicina stilisticamente all'analoga di Torcello.
In codesta zona si innalzava la marmorea icono stasi, alla pari di Torcello e di S. Marco e di altro ve, demolita tra il 1645 e il 1648 per esigenze liturgiche postridentine.
Larima dell'analisi particolare del presbiterio si volga lo sguardo al grandioso arco trionfale che lo domina, costruito in doppia ghiera, decorata affrescò con motivi noreali di palmette.
Da esso ora pende un grande crocefisso ligneo, di primo Quattrocento, su croce lobata.
Oltrepassato I'arcone, veniamo introdotti nell'abside luminosa irradiata da tre finestre, che filtrano la luce del mattino, in ovvio simbolo delle Tre Divine Persone della Trinità e in una reminiscenza ravennate.
La parte superiore, o catino absidale, recava una serie di affreschi, sembra del secondo Seicento, con probabili storie di Caterina Cornaro, regina di Cipro, approdata a Caorle nel 1489, si dice in seguito ad una bufera marina durante il ritorno da Cipro a Venezia.
Di essi ora resta ben poco.
Una lieve cornice a dentelli marmorei divide il catino dalla parte inferiore, anch'essa dipinta, almeno in parte, in base ai lacerti di affresco sul lato inferiore a destra, apparsi di recente.
Meglio, sopra la credenzena marmorea sono leggibili le figure della Madonna di trono con ai lati la Maddalena portaprofumi e i Santi Giovanni Ev. e forse Stefano diac.
Al di sotto, sono emersi curiosi graffiti con segni simbolici, con iniziali di lettere maiuscole (B) a cui seguono una X (ics) o croce di S. Andrea e brevi frasi di difficile lettura. I1 dato piu prezioso si riduce alla graffita cifra 1387 in angolo in alto a sinistra del riquadro: è I'anno in cui Caorle fu distrutta da Simone de Gavardi, arcidiacono di Capodistria, alleata dei Padovani nella guerra carrarese con Venezia.
Per ritornare ai disegni simbolici, risulta ovvio un rombo sormontato da una croce con a destra una punta di lancia (o un sudario?) e in basso una croce pettorale lobata.
Sotto il rombo si riesce a decifrare un Jh(esus) pro homin(e)s (Gesu per gli uomini).
Un rombo come il nostro non è raro nei graffiti di pellegrini ai luoghi santi. Forse la lettera B allude a B (on) e la X (ics) o croce di S. Andrea risponde nel linguaggio crittografico ad Andrea: onde si potrebbe proporre la lettura di: Bon Andrea, vescovo di Caorle di questi anni, convalidando ipotesi vescovile con la croce pettorale vicina.
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